IL MALATO
con Compagnia Teatrale S.Genesio di Vighizzolo di Cantù (CO)
adattamento e messinscena Graziano Signorotti
da “Le malade imaginaire” di Molière
traduzione Luigi Lunari
Per La “Compagnia Teatrale S.Genesio” di Vighizzolo, questo ritorno al “Fumagalli” con “Il Malato” di Moliere per la regia di Graziano Signorotti ha una valenza particolare. Festeggiare con il pubblico di casa i suoi 50 anni di teatro. Era il 15 ottobre 1972 e sei ragazzi andavano in scena al “Fumagalli” con “Il Terzo della Cordata” di Emilio Bonomi, guidati da Aurelio Toppi, poi da Guido Tagliabue, Bernardo Malacrida regista e attore professionista al quale dobbiamo moltissimo. Le nostre scelte hanno sempre privilegiato testi ed autori importanti sia per quanto riguarda lavori in lingua che in dialetto: Fabbri, Eduardo, Dürrenmatt, Von Kleist, Pirandello, Feydeau, Molière, Shakespeare ma anche: Dossi, Barrella, Collina, Zago. Abbiamo in gestazione un testo nostro basato sulla esperienza di questi dieci lustri, vuole essere un regalo per tutti, anche per coloro che non conoscono la nostra storia.
Commedia rappresentata la prima volta il 10 febbraio 1673 sul palcoscenico della sala del Palais-Royal dalla compagnia del Re. Un “Classico” che ci “Parla” anche a distanza di centinaia di anni. I medici dei nostri giorni non sono forse quelli che mette alla berlina Molière, ma i comportamenti umani non sono cambiati.
Il protagonista è un ipocondriaco inguaribile, di non si sa bene quale malattia, succube di medici e farmacisti cialtroni ed ignoranti, plagiato dalla seconda moglie, ipocrita ed opportunista, ma tiranno con i servi e padre padrone con le figlie. Molière rappresenta un campionario di mostri, che non riuscirà, nonostante tutto, a soffocare l’amore sincero, puro e disinteressato che nasce tra i due giovani protagonisti.
Amore che solo, riuscirà a restituire ad Argan il lume della ragione. La regia, servendosi della traduzione di Luigi Lunari ha “asciugato” il testo rendendolo più scorrevole ed essenziale, lavorando soprattutto sulla movimentazione scenica, anche con l’introduzione di un servo che non parla e l’aggiunta di un finale all’insegna di quella ironia che attraversa tutta la commedia.